16-09-2021
Gli accumuli energetici sono l’“anello mancante” nella Transizione Energetica, la quale presenta numerose sfide: dal finanziamento, alle caratteristiche ingegneristiche e tecniche per la realizzazione di impianti efficienti, alla localizzazione di tali impianti in un contesto di sempre minore disponibilità di spazi adeguati, alla stabilità della rete. Sono queste alcune delle indicazioni che emergono dallo Studio presentato in occasione XIII Workshop Annuale dell’Osservatorio OIR organizzato da Agici, focalizzato sul ruolo degli accumuli nella Transizione Energetica. Dalle analisi realizzate emergono diverse considerazioni su con-testo di policy, ruolo degli accumuli, stato dell’arte, capacità prevista, dinamiche di remunerazione, business case e strategie dei principali player del settore energetico, di seguito riassunte.
Nella policy europea sono presenti alcuni elementi positivi e utili allo sviluppo dei sistemi di accumulo, quali il principio di non discriminazione che di fatto stabilisce la neutralità tecnologica per la fornitura di risorse di flessibilità per i sistemi elettrici, il contrasto della doppia imposizione di oneri sui sistemi di storage e i principi di semplificazione degli impianti normativi nazionali e di integrazione degli accumuli nelle strategie nazionali di sviluppo delle rinnovabili. Tuttavia, in questa fase, le istituzioni europee lasciano, in larga parte, che siano le autorità dei diversi contesti nazionali a individuare traiettorie e strumenti di sviluppo specifici per il settore in ciascun Paese. In Italia è evidente la consapevolezza di legislatore e regolatore della necessità assoluta di uno sviluppo efficace e coerente di sistemi di accumulo: obiettivi sfidanti e importanti stanziamenti sono inclusi, ad esempio, nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e nella Strategia nazionale per l’idrogeno.
Nella policy europea sono presenti alcuni elementi positivi e utili allo sviluppo dei sistemi di accumulo, quali il principio di non discriminazione che di fatto stabilisce la neutralità tecnologica per la fornitura di risorse di flessibilità per i sistemi elettrici, il contrasto della doppia imposizione di oneri sui sistemi di storage e i principi di semplificazione degli impianti normativi nazionali e di integrazione degli accumuli nelle strategie nazionali di sviluppo delle rinnovabili. Tuttavia, in questa fase, le istituzioni europee lasciano, in larga parte, che siano le autorità dei diversi contesti nazionali a individuare traiettorie e strumenti di sviluppo specifici per il settore in ciascun Paese. In Italia è evidente la consapevolezza di legislatore e regolatore della necessità assoluta di uno sviluppo efficace e coerente di sistemi di accumulo: obiettivi sfidanti e importanti stanziamenti sono inclusi, ad esempio, nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e nella Strategia nazionale per l’idrogeno.
I sistemi di accumulo possono supportare la Transizione Energetica mediante alcune principali strategie, quali la loro integrazione con impianti utility-scale di generazione da fonti rinnovabili, l’integrazione con impianti di generazione distribuita in configurazioni residenziali e commerciali/industriali, la fornitura di servizi di accumulo in aree non interconnesse. Le strategie di funzionamento e dei servizi erogabili al sistema elettrico includono: arbitraggio sul prezzo dell’energia; supporto alla resilienza del sistema elettrico, stabilizzando la volatilità del sistema; gestione delle rampe giornaliere; fornitura di servizi di riserva primaria, secondaria e terziaria; risoluzione delle congestioni; riavvio del sistema da blackout (black start); differimento degli inve-stimenti di rete.
Dall’analisi dei dati disponibili emerge come gli accumuli in Italia, così come negli altri Paesi europei, siano alle prime fasi dello sviluppo, con l’eccezione dei pompaggi idroelettrici: nel 2020 la capacità di storage installata è di 7.133 MW, di cui oltre il 99% di pompaggio idroelettrico, lo 0,8% di storage elettrochimico, lo 0,07% di accumulo termico e il restante 0,02% di idrogeno. Riguardo alla nuova capacità prevista, l’Italia non si posiziona tra i paesi pionieri, ma potrebbe vedere uno sviluppo in tempi più lontani. In particolare, con la capacità di accumulo elettrochimico nel Paese passerà dai 181 MW stimati per il 2021 agli 11,8 GW nel 2050, con una crescita media annua del 15,5%. Tale aumento riguarderà principalmente gli impianti small-scale, per i quali si stima una capacità di 7,4 GW al 2050. Per lo sviluppo della capacità di accumulo, i meccanismi di remunerazione risultano fondamentali. Il panorama di tali strumenti è fortemente variegato nei vari Paesi europei, e riflette diversi orientamenti dei policy-maker locali rispetto alla necessità di incentivazione, alla remunerazione dei mercati dei servizi, o della capa-cità. In linea generale, nei diversi paesi europei il sostegno all’installazione degli impianti di accumulo differisce a seconda della taglia di impianto: la remunerazione dello storage distribuito di media e piccola taglia è spesso supportata da sistemi incentivanti diretti, mentre gli impianti utility-scale sono solitamente remune-rati tramite l’accesso ai mercati dei servizi di flessibilità.
Ad oggi, gli impianti di storage elettrochimico in Italia sono economicamente sostenibili solo nella misura in cui possono accedere ai diversi mercati dei servizi ancillari, in quanto l’arbi-traggio, immagazzinamento dell’overgeneration e altre strategie non sono sufficienti a sostenere l’investimento. È importante, per far sì che lo storage elettrochimico possa fornire pieno supporto alle esigenze di dispacciamento decarbonizzato che, al termine degli strumenti pilota quali Fast Reserve e UVAM, le autorità rendano possibile l’accesso degli impianti di storage elettrochimico a mercati stabili, come il mercato della capacità. Il livello medio di remunerazione che rende sostenibile un impianto di storage in Italia, se-condo le analisi condotte per lo studio, è intorno ai 57.900 €/MW/anno.
Con riferimento all’analisi delle strategie degli operatori energetici in merito allo sviluppo dello storage, tutti i soggetti analizzati prevedono di sviluppare una rilevante capacità di accumulo, con particolare riferimento agli impianti elettrochimici utility-scale e idrogeno verde e in misura minore all’installazione di nuovi impianti di pompaggio idroelettrico. Un opportuno sviluppo degli impianti di accumulo necessita di una combinazione di una serie di fattori imprescindibili: contesto normativo e regolatorio favorevole, adeguato e coerente, meccanismi di remunerazione efficaci, mercati efficienti e sviluppo tecnologico. Solo una politica e una lea-dership industriale attente a ciascuno di questi elementi potranno abilitare questo fondamentale tassello della rivoluzione energetica, per assicurare un contesto futuro capace di supportare un obiettivo di decarbo-nizzazione completa del sistema elettrico, e di sviluppo sempre più intenso e pervasivo delle fonti energetiche rinnovabili.
Dall’analisi dei dati disponibili emerge come gli accumuli in Italia, così come negli altri Paesi europei, siano alle prime fasi dello sviluppo, con l’eccezione dei pompaggi idroelettrici: nel 2020 la capacità di storage installata è di 7.133 MW, di cui oltre il 99% di pompaggio idroelettrico, lo 0,8% di storage elettrochimico, lo 0,07% di accumulo termico e il restante 0,02% di idrogeno. Riguardo alla nuova capacità prevista, l’Italia non si posiziona tra i paesi pionieri, ma potrebbe vedere uno sviluppo in tempi più lontani. In particolare, con la capacità di accumulo elettrochimico nel Paese passerà dai 181 MW stimati per il 2021 agli 11,8 GW nel 2050, con una crescita media annua del 15,5%. Tale aumento riguarderà principalmente gli impianti small-scale, per i quali si stima una capacità di 7,4 GW al 2050. Per lo sviluppo della capacità di accumulo, i meccanismi di remunerazione risultano fondamentali. Il panorama di tali strumenti è fortemente variegato nei vari Paesi europei, e riflette diversi orientamenti dei policy-maker locali rispetto alla necessità di incentivazione, alla remunerazione dei mercati dei servizi, o della capa-cità. In linea generale, nei diversi paesi europei il sostegno all’installazione degli impianti di accumulo differisce a seconda della taglia di impianto: la remunerazione dello storage distribuito di media e piccola taglia è spesso supportata da sistemi incentivanti diretti, mentre gli impianti utility-scale sono solitamente remune-rati tramite l’accesso ai mercati dei servizi di flessibilità.
Ad oggi, gli impianti di storage elettrochimico in Italia sono economicamente sostenibili solo nella misura in cui possono accedere ai diversi mercati dei servizi ancillari, in quanto l’arbi-traggio, immagazzinamento dell’overgeneration e altre strategie non sono sufficienti a sostenere l’investimento. È importante, per far sì che lo storage elettrochimico possa fornire pieno supporto alle esigenze di dispacciamento decarbonizzato che, al termine degli strumenti pilota quali Fast Reserve e UVAM, le autorità rendano possibile l’accesso degli impianti di storage elettrochimico a mercati stabili, come il mercato della capacità. Il livello medio di remunerazione che rende sostenibile un impianto di storage in Italia, se-condo le analisi condotte per lo studio, è intorno ai 57.900 €/MW/anno.
Con riferimento all’analisi delle strategie degli operatori energetici in merito allo sviluppo dello storage, tutti i soggetti analizzati prevedono di sviluppare una rilevante capacità di accumulo, con particolare riferimento agli impianti elettrochimici utility-scale e idrogeno verde e in misura minore all’installazione di nuovi impianti di pompaggio idroelettrico. Un opportuno sviluppo degli impianti di accumulo necessita di una combinazione di una serie di fattori imprescindibili: contesto normativo e regolatorio favorevole, adeguato e coerente, meccanismi di remunerazione efficaci, mercati efficienti e sviluppo tecnologico. Solo una politica e una lea-dership industriale attente a ciascuno di questi elementi potranno abilitare questo fondamentale tassello della rivoluzione energetica, per assicurare un contesto futuro capace di supportare un obiettivo di decarbo-nizzazione completa del sistema elettrico, e di sviluppo sempre più intenso e pervasivo delle fonti energetiche rinnovabili.
Al XIII Workshop Annuale dell’Osservatorio OIR organizzato da Agici hanno partecipato: Alessandro Danovi (Agici), Marco Carta (Agici), Agostino Re Rebaudengo (Elettricità Futura), Anna Pupino (Agici), Luca Marchisio (Terna), Massimo Andreoni (Fichtner Italia), Marco Merler (Dolomiti Energia), Marco Giusti (AGSM-AIM), Lorenzo Mottura (Edison), Roberto Pasqua (EDPR), Giuseppe Cicerani (Enel Green Power), Luca Bragoli (Erg), Ernesto Soressi (Hitachi ABB), Paolo Arrigoni (Lega), Gianni Girotto (Movimento 5 Stelle).
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